Al Palombina un pezzo di storia del calcio marchigiano: Cristiani
L'ex professionista con Ancona e Cesena da 14 anni allena nel settore giovanile del quartiere dove vive. Ecco il racconto della sua esperienza
Vai alla galleriaFALCONARA. Un pezzo di storia del calcio marchigiano al servizio del Palombina. Ha segnato caterve di gol a Sant'Elpidio a Mare e a Cingoli, ha esordito in Serie A col Cesena nel 1977, è stato un simbolo dell'Ancona in Serie C. Oggi ha 65 anni e da 14 allena nel settore giovanile del quartiere dove abita, Palombina. Cristiano Cristiani (foto) è stato per anni il terrore delle difese avversarie. E' cresciuto nel Collemarino, poi è passato all'Ancona (ha disputato una finale Allievi nazionali al Flaminio), poi Cesena, Fano... Ma la sua carriera è stata costellata da una miriade di infortuni. Ve li elenchiamo, così per curiosità: 5 volte le caviglie ingessate, rottura del malleolo, di una gamba, del menisco, di un mignolo e due costole fratturate. Insomma, non si è fatto mancare niente. Ma nonostante questo, continuava a giocare e a segnare ovunque e in tutte le categorie, ha fatto una sessantina di gol con la maglia dell'Elpidiense, oltre 100 nei tre anni alla Cingolana dalla Seconda categoria alla Promozione (nella foto sotto Cristiani ai tempi della Cingolana). "Come ho iniziato ad allenare? Quasi per caso - racconta Cristiani - fu Ferri che mi convinse ad iniziare con i Giovanissimi, ed eccomi qua: quest'anno alleno gli Allievi 2000. Qui mi trovo bene, è una società con dirigenti di valore, tutti veri appassionati di calcio a partire dal presidente Paradisi. Ecco, a proposito di passione: vedo che manca invece nelle nuove generazioni, e questo fa rabbia perchè a volte vediamo dei ragazzi di talento ma che si dimostrano superficiali negli allenamenti quotidiani. Il gruppo che alleno è buono, anche se adesso i ragazzi - ma questo è un discorso generico - hanno troppe distrazioni, e spesso i genitori ci mettono pure del loro. Una volta il calcio era la prima cosa a cui si pensava, oggi invece non è prioritario nella vita di un ragazzo: prima c'è il telefonino, i videogiochi, la ragazzina... Vedere tutto questo dispiace, uno s'impegna tanto, cerca di spiegare la tattica, la tecnica e loro magari ti ascoltano ma con la testa pensano ad altro. Comunque, al di là di tutto, sto bene con i giovani, mi gratificano umanamente, e mai vorrei allenare una prima squadra: mi è capitato una volta e fu un'esperienza negativa".
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