Eleuteri: "Dopo la Juventus sogno di affermarmi con l'Atalanta!"
Il giovane ascolano si sta inserendo al meglio in uno dei migliori settori giovanili del panorama nazionale
BERGAMO. Abbiamo ripreso dal sito dell'Atalanta Bergamasca Calcio una bella intervista con Alessandro Eleuteri (foto), il ragazzo ascolano classe '98, da poco ceduto alla formazione orobica.
Alessandro, come è nata la tua passione per il calcio?
“Una questione di famiglia. Ho tante foto di quando avevo un anno col pallone e le magliette di calcio che mi faceva mettere mio papà Michelangelo. Lui ha anche giocato, fino alla Primavera dell'Ascoli poi ha dovuto scegliere tra calcio e lavoro: ora è dirigente territoriale di banca. Per me è un esempio, mi tiene sempre coi piedi per terra e mi appoggia. E quando sono venuto all'Atalanta è quasi impazzito dalla gioia perché qui ha visto tanti giovani diventare calciatori. Ed è quello che spero di fare anche io”.
Dalle Marche a Bergamo, ne hai fatta di strada.
“Ho cominciato a giocare sul campetto di fronte a casa mia. Idolo Del Piero: ho praticamente tutte le sue maglie. Poi a 8 anni ho cominciato a giocare nell'Atletico Piceno, una squadra di Castel di Lama, e a 11 sono passato all'Ascoli”.
E lì hai cominciato tutta la trafila fino alla prima squadra in cui sei arrivato giovanissimo, entrando anche nella storia del club.
“Un bel percorso. Nei Giovanissimi Nazionali siamo arrivati secondi in campionato dietro la Roma, poi l'anno ho fatto gli Allievi Lega Pro e da febbraio sono stato aggregato alla prima squadra”.
Nel match contro il Cagliari, sei diventato il più giovane esordiente della storia del club.
“A 15 anni e 9 mesi a Prato, grazie a mister Destro, il papà dell'attaccante del Bologna ed attuale tecnico della Fermana. Ma io quasi non me ne rendevo conto. Per me il calcio era ancora solo un divertimento. Poi ho capito l'importanza di quello che era successo: il più giovane debuttante nella storia del club. Il magazziniere, che è anche un grande tifoso dell'Ascoli, mentre mi scaldavo prima di entrare me lo aveva detto: sarebbe stato un momento unico. Sono entrato negli ultimi minuti”.
E come andò?
“Alla prima palla toccata un avversario mi scaraventò a terra e poi mi disse: sei piccolo, non fiatare. Lì ho capito che il calcio cominciava a essere una cosa seria, dove non si scherzava. Il ricordo più bello però è legato alla mia seconda presenza: a Gubbio, all'ultima giornata. Erano venuti tanti nostri tifosi, pioveva a dirotto, alla fine andammo sotto la curva a lanciare la maglietta e la mia casualmente è finita a un mio amico di infanzia”.
Poi la Juventus.
“Ero in ritiro con l'Ascoli, ci stavamo preparando per giocare un'amichevole. Arriva l'allenatore e mi dice di smettere di scaldarmi e che poi mi avrebbe spiegato. Qualche voce girava già, ma il trasferimento si è concretizzato solo all'ultimo giorno di mercato: alle 23 mi chiamano per dirmi che il giorno dopo mi aspettavano a Torino. Ero emozionato, mi sono ritrovato ad allenarmi accanto a giocatori che prima vedevo solo in tv. Ci sono rimasto due anni per poi tornare all'Ascoli all'inizio di questa stagione. E a gennaio l'Atalanta”.
Un altro passaggio importante della tua carriera.
“Non ci ho pensato neanche un secondo e ho subito detto di sì. Mi ricordo che il primo giorno al Centro Bortolotti sono rimasto a bocca aperta. E poi anche l'aria che si respira qui: mi sono sentito subito come a casa, grazie anche ai compagni che mi hanno accolto benissimo”.
L'esordio in campionato con il Genoa, poi diverse presenze alla Viareggio Cup.
“Lì ho avuto più opportunità di giocare. Peccato essere usciti, mi sarebbe piaciuto bissare il successo ottenuto con la Juve”.
Ti sei fatto subito notare come esterno destro di spinta. Ma hai sempre giocato in questo ruolo?
“Fin da piccolo mi piaceva stare in fascia: ho sempre preferito fare assist che i gol, tanto che mio papà quando tornavo a casa non mi chiedeva se avessi segnato, ma se avessi fatto segnare qualche compagno. Ma ho fatto anche il centrocampista e l'esterno alto. Poi alla Juve mi hanno impostato come terzino, ma il mio ruolo ideale resta quello di esterno a cinque. Mi è sempre piaciuto Maicon, ora guardo Conti: non so come faccia a fare tutto con quella semplicità. E nelle partitelle ho spesso giocato con Raimondi, un altro esempio da seguire”.
Gamba, corsa, velocità sono tra le tue qualità tanto che da piccolo te la cavavi anche con l'atletica.
“Ho fatto anche tennis per due anni e non ero neanche male. Ma è in atletica che ho ottenuto i risultati migliori. Partecipavo alle corse campestri e alle gare sui mille metri e vincevo quasi sempre. Avevo vinto anche i campionati regionali di corsa campestre staccando il secondo di una trentina di secondi ed ero andato a fare le finali nazionali alla Farnesina a Roma dove ero arrivato quinto. Ma nella mia testa c'era sempre prima il calcio. Dopo le finali alla Farnesina sono tornato a casa e sono andato ad allenarmi lo stesso. Ero instancabile e da lì ho sviluppato una buona resistenza. E ora spero di realizzare il mio sogno, quello di ripercorrere la strada di tanti giovani cresciuti nell'Atalanta”.