IL CASO: Riconoscenza e rispetto esistono ancora?
Le amare considerazioni di un dirigente sul modo di comportarsi nel calcio giovanile
Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera di un dirigente della Spes Valdaso 1993, che intende stigmatizzare il comportamento di alcune società, relativamente al tesseramento di giovani calciatori.
“Premetto che non farò nomi di società o persone, ma il mio si...Fabrizio, e sono impegnato nel calcio giovanile, diciamo da “diverso tempo”. Ebbene, mai come ora il desiderio di abbandonare questo ambiente mi sta salendo con forza dentro. La causa o il motivo è la totale mancanza di riconoscenza e rispetto, mostrate da associazioni e persone che ruotano attorno al mondo del calcio dilettantistico e giovanile. Un rispetto che è grave che manchi, non tanto per il lavoro svolto, ma per le persone!
E poi...ti tocca sentirli quando li incontri (allenatori e dirigenti), tutti d'accordo su etica, regole, collaborazione, costi, condanna per chi tenta di rubare atleti. Poi...dopo tante belle parole, vieni a sapere dei tuoi ragazzi chiamati a casa dalle stesse persone, opere di convincimento fatte nei bar, nelle piazze, telefonate continue, lettere di presentazione che nemmeno i professionisti, promesse di ogni genere a ragazzi e a genitori, per convincerli a cambiar casacca. Lo fanno a fin di bene? Assolutamente no, ma solo perchè la loro associazione, dopo anni di anonimato e dopo aver abbandonato l’onere di un settore giovanile, ora milita in campionati importanti e improvvisamente torna loro lo spirito di costruire, generare, avviare all’attività giovani calciatori. Sappiamo bene tutti che dietro c'è un puro interesse economico e un obbligo federale, ma concediamo che sia ritornata in loro la passione per il calcio giovanile.
A fare questo sono le stesse persone che dinanzi ti elogiano, parlano di calcio riconoscendo le difficoltà e la convinzione che collaborazione e dialogo siano necessari, anzi indispensabili, per una pacifica e costruttiva convivenza, che ci si può e deve aiutare tra addetti per il bene dello sport. E' avvilente e triste, vedere il proprio lavoro fatto di sacrificio e dedizione, minato e forse distrutto con estremo cinismo e sfacciata indifferenza! Vedendo compromessi i campionati, di quei ragazzi che restano con passione e lealtà nelle loro società, a causa di comportamenti disdicevoli di tali personaggi, credetemi...fa male al cuore!
Ovviamente i genitori hanno tutti i titoli e tutto il diritto di decidere per i propri figli, ma è pur vero anche che alcuni di loro spesso sono stati lontani, se non addirittura assenti, dalla vita sportiva dei propri ragazzi. Per questo motivo forse non sono a conoscenza di certi meccanismi, di certe regole, di Etica, la stessa decantata da pseudo società rispettabili, e da personaggi di dubbia morale che sistematicamente la ignorano. Capisco che un vincolo, non sia il modo più sereno per tenere un ragazzo nella propria associazione, che essere liberi di scegliere è un segno di democratica civiltà, ma credo che lo sia anche il rispetto per le persone, le stesse che dedicano tempo, lavoro, sacrificio a questo sport.
E noi saremmo quelli che voglino insegnare le regole? Il rispetto? La vita? Vogliamo educarli ad essere sportivi e magari costruire uomini, prima che calciatori? Se gli esempi siamo noi e i valori sono questi...purtroppo abbiamo fallito in partenza!!
Buon campionato a tutti".
Fabrizio
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