LA STORIA. Compie 42 anni Samuele Rossini: Highlander dell'Eccellenza!
L'intervista al capitano del Montefano, tra ricordi ("Quel rigore salvezza a Potenza Picena e la prima Eccellenza raggiunta dal Matelica") e attualità: "Quest'anno ho giocato contro ragazzi del 2003, stessa età di mia figlia. In campo mi sento ancora giovane ma potrebbe essere l'ultimo anno. Io allenatore? Vedremo"
MONTEFANO. E’ l’autentico veterano del campionato di Eccellenza Samuele Rossini, recanatese doc, un highlander che proprio nella giornata di oggi festeggia i suoi primi 42 anni sempre con le scarpette ai piedi. Un primato quasi impareggiabile per un giocatore che vive il calcio in maniera intensa e con grande passione e che si trova ancora a vivere grandi emozioni con la fascia da capitano del Montefano.
Samuele, innanzitutto auguri! Come si vive questo primato di longevità tra l’altro da protagonista sul campo nel massimo torneo regionale?
“Per me indubbiamente è una bella soddisfazione essere ancora li in mezzo e farlo in un campionato come l’Eccellenza che non fa sconti. Bisogna essere sempre al massimo e dare tutto ma per farlo occorre un gruppo insieme a te importante e con grandi valori, come il Montefano”.
L’ultimo campionato di Eccellenza lo avevi vissuto tanti anni fa, giusto?
“Era la stagione 2000-2001 con la Recanatese. Poi ho fatto quasi sempre la Promozione che permetteva anche di gestirmi al meglio con famiglia e lavoro che vengono sempre prima di tutto. La passione del calcio è sempre stata tanta e quindi non ho mai rinunciato. Ho trovato la Promozione come habitat naturale. Nella testa c’era sempre desiderio e speranza di poter risalire e poi è successo quello che è successo”.
La finale con il Sassoferrato Genga che vi ha spalancato l’Eccellenza davanti vissuta con la fascia di capitano al braccio. Che sensazioni?
“Ancora emozioni maggiori raggiungerlo con questo gruppo e questa società che ha dei valori giusti. Ci alleniamo ancora oggi alla sera ed è inevitabile perché altrimenti si sarebbe dovuto smantellare l’impianto della squadra perché tanti ragazzi lavorano. Molte squadre si allenano il pomeriggio per scelta ma realtà come la nostra devono rimanere con i piedi a terra e venire incontro ad esigenze dei ragazzi”.
Poi il regalo te lo ha fatto in anticipo, vincendo in casa dell’Atletico Gallo.
“(Sorride, ndr). Si, c’era la sensazione che prima o poi sarebbe arrivata. Forse non pronosticata in un campo difficile come il Gallo. Probabilmente me l’aspettavo la domenica prima con il Sassoferrato Genga ma è mancata nel finale per una serie di episodi. Ma abbiamo recuperato domenica e speriamo di dare continuità”.
Che effetto ti fa affrontare giocatori giovanissimi nati anche oltre il 2000?
"Una bella metà di ragazzi che giocano forse non erano nati: dal 1993 sono in una prima squadra, con l’esordio alla Recanatese. Mi sono trovato a Porto Recanati a giocare contro Guercio e Ballarini, ragazzi del 2003, ovvero 15 anni: hanno esattamente la stessa età di mia figlia. Un pochino fa effetto ma quando sto li in mezzo mi sento molto più giovane. L’età la metto da parte ma la sento da sera quando gli acciacchi vengono fuori nel dopogara quando recuperi più lentamente che a vent’anni”.
Quali sono gli allenatori che ricordi con particolare affetto?
“Di specifico non saprei farti dei nomi perché da tutti ho preso qualcosa e imparato molto. Ti posso dire Francesco Grilli che mi ha fatto debuttare in Serie D e quindi devo a lui riconoscenza. Negli ultimi anni qualsiasi allenatore ho avuto sempre la fiducia di tutti i tecnici che non hanno considerato la carta d’identità ma l’impegno sul campo, allenamento dopo allenamento”.
Quali episodi o momenti metti tra i ricordi più belli della tua carriera?
“Ce ne sono diversi e non sempre vittorie. L’ultimo con il Montefano è stato fantastico. Partiti per fare i playoff senza l’obbligo di vincere ma si è creata questa empatia e riesci a vincere spareggi così. È stato qualcosa di grandioso. Ricordo anche spareggi playout indimenticabili. A Potenza Picena ne ricordo uno: perdevamo al 90’ 1-0 ed eravamo retrocessi. Ci danno un rigore, rigoristi e compagni di squadra non se la sentiva nessuno di batterlo e mi ritrovo il pallone in mano pur non avendone mai tirato uno. Quelle situazioni in cui vai li, segni e scatta una grandissima bolgia. Poi ad esempio lo spareggio playoff nel 2005 con il Matelica in Eccellenza, allenatore Moriconi: ai rigori dovevo battere il quinto ma fui fortunato e vincemmo prima. Tante immagini restano comunque nella memoria”.
Nel tuo futuro vedi il ruolo di allenatore?
“Tempo fa ho avuto un periodo di diversi mesi nel quale non ho giocato e ne ho approfittato per prendere il patentino da allenatore. L’idea c’è di indossare i panni dell’allenatore ma sono consapevole che un conto è avere il patentino e un conto è metterlo in pratica: occorre valutare se sono capace oppure no. Sarà probabilmente a breve”.
Sarà questo l’ultimo anno da giocatore dunque?
"Potrebbe anche essere questo. Se resta il livello così alto e gli anni che passano, allora potrebbe realmente essere l’ultima stagione. Il fisico inizia a presentare il conto e quindi bisognerà fare una scelta. I ritmi dell’Eccellenza sono alti e li sto tenendo abbastanza bene ma anno dopo anno ci si invecchia".