LA STORIA. Michele Luzi: "Il mio anno in Cina ad insegnare calcio"
Il tecnico 41enne di Fossombrone racconta un'esperienza che lo ha arricchito umanamente e professionalmente. Oggi ricopre il ruolo di allenatore di due squadre nel settore giovanile dell’Urbania
Michele Luzi, classe 1978, da Fossombrone alla Cina, con il calcio come filo conduttore. Spinto dalla passione per il mondo del pallone e per quella dei viaggi Michele tra l’Aprile del 2017 ed il Marzo del 2018 è stato protagonista di un viaggio unico nel suo genere, pieno di aneddoti e curiosità che hanno arricchito il suo bagaglio sia dal punto di vista umano, che da quello puramente sportivo. Oggi ricopre il ruolo di allenatore di due squadre nel settore giovanile dell’Urbania calcio e proprio ad Urbania lo abbiamo incontrato per farci raccontare la sua magica esperienza nel mondo cinese.
Allora Michele, cosa ti ha spinto ad intraprendere questo viaggio?
«Principalmente due fattori. La voglia di viaggiare e conoscere nuove culture, e la passione per il calcio. In Italia se non sei stato un calciatore professionista non è semplice riuscire ad allenare ad alti livelli, in Cina invece per gli allenatori europei c’è la possibilità di poter lavorare in un contesto professionistico, con un contratto certo e gratificante».
Di quali canali ti sei servito per trovare questa opportunità?
«Tramite la rete. In internet ho trovato degli annunci di società che cercavano un allenatore, ho inviato il mio curriculum e dopo qualche settimana sono stato contattato, poi un colloquio in inglese tramite Skype ed appena tre settimane dopo ero in Cina».
Una volta arrivato che situazione hai trovato?
«Qualche anno fa ho allenato qualche mese in Russia alla Lokomotiv Mosca ma la Cina è un’altra cosa, in questo Paese così vasto e dalle abitudini e tradizioni completamente differenti dalle nostre non sono mancate le difficoltà, prima fra tutte la comunicazione, quasi nessuno parla inglese, infatti al lavoro avevo il mio interprete personale, poi però ho trovato il modo di farmi capire e le opportunità sono fioccate. Arrivato nella metropoli di ChongQing (città di 35 milioni di abitanti, vasta come tutta l’Austria) è stato un po' come un salto nel vuoto, ma la prospettiva e la curiosità era davvero molta. Ho iniziato facendo il maestro di calcio e di inglese negli asili della città. Dopo appena tre mesi, sono stato contattato per dirigere un summer camp di due settimane a Guanzhou, nel quale ho avuto la fortuna di conoscere e lavorare fianco a fianco con Alessandro Costacurta, uomo immagine della manifestazione e mio “assistente”. Poco dopo mi è giunta una proposta da Bayannur, città a nord della Cina, in pieno deserto del Goby. Qui ho lavorato come insegnate di calcio in una scuola superiore a indirizzo sportivo, in pratica allenavo due squadre, una under 17 ed una under 14. Il contesto in cui lavoravo era splendido. La struttura della scuola era all’avanguardia ed i ragazzi si allenavano due ore alla mattina e due al pomeriggio tutti i giorni tranne la domenica. Con entrambe le squadre ho riscontrato miglioramenti incredibili nel giro di pochi mesi, abbiamo raggiunto anche risultati importanti, riuscendo ad arrivare fino alla finale del campionato con l’U17 e a vincere un torneo a punteggio pieno con l’U14».
Poi, cosa ti ha riportato in Italia?
«Dal punto di vista lavorativo era molto gratificante e stimolante fare l’allenatore in un contesto professionistico, così come era stimolante scoprire ogni giorno qualcosa di nuovo su un popolo così diverso come quello cinese, dallo stile di vita alla cucina, davvero fantastica; dall’altro la distanza dalla famiglia, dagli affetti e dagli amici mi ha spinto a rientrare in Italia dopo un anno, nonostante nella scuola in cui allenavo mi avessero offerto un prolungamento di altri due anni».
Rientrato nel Belpaese Michele non ha tagliato il cordone che ormai lo lega alla Cina. Ha infatti creato una pagina facebook “Allenatori di calcio in Cina” con la quale contribuisce a mandare molti ragazzi italiani a fare la stessa unica ed emozionante esperienza di vita fatta da lui in prima persona.
(FONTE: Il Resto del Carlino)