"Maledetta la partita con il Valencia". Il grido di dolore del Bocia
Claudio Galimberti, capo ultras dell'Atalanta trapiantato nelle Marche, distrutto per quello che sta succedendo: "Salvate la mia Bergamo dal massacro"
"Vi prego, ve lo chiedo col cuore in mano: salvate Bergamo dal massacro, aiutate i miei concittadini, perché la situazione è drammatica. Non si può accettare che la gente muoia così". Il disperato appello è di Claudio Galimberti, 46 anni, noto a tutti come il “Bocia“. Da anni è il carismatico capo ultrà della Curva dell’Atalanta, ma qui il calcio c’entra poco. O fino ad un certo punto. Il Bocia, “daspato“ e diffidato fino al 2022 parla dal suo esilio marchigiano dove ha cercato di rifarsi una vita, dopo alcune vicessitudini giudiziarie. Dalle valli orobiche al mare Adriatico, lontano da casa ("Vivo in un peschereccio con busta paga e lavoro fisso, era angosciante stare a Bergamo) ma con il dramma a portata di mano "perché anche a Pesaro i contagiati dal virus sono tanti".
Quotidiani i contatti con la sua terra, con parenti e amici che gli raccontano l’atroce realtà. "Una sofferenza che non si può immaginare - spiega lo storico leader della “Pisani“ - e stiamo purtroppo pagando assurdi sbagli fatti all’inizio. La zona rossa andava delimitata subito così come è stato fatto a Codogno, invece ora subiamo le conseguenze di questi ritardi. Anche perché le perdite ben oltre quelle riportate dai numeri ufficiali: nelle case di cura ci sono anziani che soffocano in assoluto abbandono... una vera strage di innocenti".
Non si dà pace il Bocia. "Sento tutti i giorni mia sorella, i miei fratelli e i miei nipoti perché è da un mese che non posso salire a Bergamo e loro sono chiusi in casa da 20 giorni: mi raccontano che tanti amici di famiglia, parenti e i conoscenti sono deceduti nel quartiere Aredona, dove sono nato. Abbiamo perso un’intera generazione di anziane, morti fra atroci sofferenze e senza neppure poter salutare o abbracciare per un’ultima volta i propri cari. Persone decedute come se fossero numeri".
Si ferma il capo ultrà dell’Atalanta. Ribadisce che "i bergamaschi sono stati bistrattati e bisognava dare ascolto alle richieste dei primi cittadini di Alzano e Nembro. E poi oggi ho parlato col sindaco di Gandosso, uno dei più giovani d’Italia...era in lacrime, ha visto morire un ragazzo di 23 anni ricoverato per un incidente in moto e deceduto a causa di coronavirus...".
Di una cosa però il Bocia è sicuro: "Tutto è cominciato il 19 febbraio, la maledetta sera della partita di Champions col Valencia, quella del contagio... Non è un caso che due giorni dopo ci sia stato il primo “positivo“. Quella sera a San Siro erano in 45mila a sostenere l’Atalanta, tanti del lodigiano visto che abbiamo tifosi a Codogno e Crema. Proprio le zone del più alto tasso di contagio. Non solo: in quel weekend si giocò a Pesaro la FinalFour della Coppa Italia di basket, per me così si spiegano l’altro focolaio a Cattolica".
(fonte Il Giorno)