Oseghale: "Non ho ucciso Pamela", prosegue il processo Mastropietro
Chiesta una perizia sulle lesioni del corpo. Si torna in aula il 14 ottobre
Si è tenuta ieri nel Tribunale di Ancona, la prima udienza d’Appello per l’omicidio di Pamela Mastropietro, la giovane di 17 anni fatta e pezzi e trovata in una valigia il 30 gennaio del 2018 nella campagna di Macerata, a carico di Innocent Oseghale 32 anni nigeriano, condannato in primo grado all’ergastolo per omicidio volontari, aggravato dalla violenza sessuale e occultamento di cadavere.
Il giudice Maria Cristina Salvia, dopo aver esposto una relazione dei fatti, ha aperto il confronto. “Non ho ucciso Pamela – sono le uniche dichiarazioni di Innocent Oseghale -. Voglio pagare per quello che ho fatto ma non l'ho uccisa”. Su di lui lo sguardo fisso della mamma di Pamela, Alessandra Verni. Nella sostanza dei fatti, è stata respinta la richiesta della difesa di far presenziare un consulente per analizzare in aula le lesioni sul corpo della vittima, che è stata rimandata al 14 ottobre. Secondo la difesa infatti, non ci sarebbe la certezza che le coltellate sferrate da Oseghale, a suo dire per sezionare il corpo della giovane già morta, fossero state sferrate quando era viva. Resta invece ferma la posizione dei familiari di Pamela, che oltre a descrivere il freddo e disumano atto compiuto da Oseghale, sostengono che l’uomo non può aver compiuto tutto da solo.