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LA STORIA. Condannato alle stampelle, salvato dalla carezza del frate

Mauro Caroti, già giocatore e preparatore atletico, e l’amicizia con fra’ Stefano Albanesi, atleta che ha lasciato il rettangolo verde per seguire la vocazione religiosa

A prescindere se uno sia credente o no, questa storia non può che far bene al cuore e all’anima. Ne è protagonista un ex-giocatore di calcio, molto conosciuto tra Marche e Romagna, Mauro Caroti, nato ad Ancona nel 1974. Cresciuto calcisticamente nella Falconarese, nel 1992 fece parte della rosa della prima squadra dell’Ancona (in serie A) assieme a tanti bravi giovani, tra i quali l’amico fraterno Stefano Albanesi, un attaccante, che ha giocato anche nella Vis Pesaro in C2 e che, a un certo punto della sua esistenza preferì rispondere alla chiamata di Dio e lasciò il pallone, compresa la chiamata del Pescara in serie B, per indossare il saio del frate.

Insomma le strade di Mauro Caroti e Stefano Albanesi si dividono molto presto. Caroti, nel ’93, fu mandato a 'farsi le ossa' ad Urbino, qui fu talmente apprezzato come uomo e calciatore che vi è rimasto per quattro anni, collezionando 96 partite e 9 gol; cosa insolita per un difensore, ma lui, il più alto e possente di tutti, arrivava per primo sulla palla. Nel ’99 Caroti scese a Urbania per due stagioni. Poi a Cattolica, al San Clemente in Eccellenza romagnola. Da qui inzia la storia di vita, di fede e di speranza che lo stesso Mauro Caroti racconta: «Sono passati dieci anni; era aprile 2004 quando a causa di una febbriciattola che mi trascinavo da alcuni giorni, decido insieme a mio padre di recarmi al pronto soccorso di Torrette. Responso della visita: tutto nella norma. Tornato a casa a Morciano i sintomi cominciarono ad essere più pesanti...Così con mio padre ci recammo all’ospedale di Rimini dove mi ricoverarono. La situazione peggiorò di ora in ora senza spiegazioni. Dopo una settimana vengo trasferito all’ospedale di Torrette di Ancona in condizioni disperate».

Il racconto prosegue: «Il coma farmacologico permette ai medici di somministrarmi varie medicine con la speranza che una di queste possa colpire la malattia e darle un nome. Dopo una notte appeso a un filo si scopre che la causa di tutto era un batterio alimentare chiamato “listeriosi”. Le risonanze magnetiche indicavano lesioni serie a cervello e colonna vertebrale».

Caroti ha tanti amici: «In quei giorni venivano a trovarmi tanti personaggi legati anche al calcio, per darmi un po’ di coraggio: Leonardi, Arcangeli, Dubini, Fattori, Lisi e tanti altri. Ma un giorno, grazie a mia sorella, venne l’amico Stefano Albanesi, che si era fatto frate. Succede una cosa molto particolare. Non ero in me in quel periodo, ma il ricordo di quando Fra’ Stefano entrò nella mia camera è molto chiaro; non lo vedevo ma sentivo, come un fuoco. La sua mano appoggiata sul mio petto e mi disse semplicemente: “Gesù ti vuole bene e la croce è la tua speranza”. Poi se ne andò lasciandomi una grande pace e serenità. C’è stato un miracolo, che non è la guarigione istantanea, ma dal cielo sono piovute forza, coraggio e umiltà. Posso sembrare ridicolo ma questi tre doni erano inspiegabili quanto incontenibili!».

L’EMOZIONE del racconto prende il sopravvento e gli occhi si bagnano. «Ricordo una volta dei medici nella mia camera. Parlavano tra loro, credendo che dormissi, dissero che non avrei più camminato... Ma io sapevo che non sarebbe andata così. Dopo 5-6 mesi esco dagli ospedali. Sedia a rotelle, treppiede e stampelle sono il mio percorso, dopo ho dovuto re-imparare a camminare, guidare e parlare. A questo punto ero più lucido mentalmente e i tre “doni” sommati all’appoggio costante della mia famiglia e al calore dei miei amici hanno permesso la mia rinascita. Il mondo del calcio mi offre un’altra possibilità: quella del preparatore atletico. Potevo lavorare. Mister Angeloni mi ha portato ad Urbino e Misano; Arcangeli a Belforte. Qui ho capito che qualcosa ne masticavo. Collaboro con Torconca, Riccione, Real Rimini, Vismara, Cattolica e infine con l’amico Peppe Magi (grazie al direttore Leonardi): due splendidi anni alla Vis Pesaro. Ho collaborato con grandi allenatori e soprattutto grandi persone: Angeloni, Arcangeli, Bellagamba, Onorato, Mazza, Pasculli, Angelini, Amadori, Fabbri e Magi con la speranza di aver lasciato a tutti un buon ricordo prima come uomo poi come collaboratore. Ho avuto la fortuna di seguire molti settori giovanili e di conoscere bravi presidenti e dirigenti».

Mauro Caroti si asciuga le lacrime e dà una sua morale: «La vita va affrontata come viene, le situazioni vanno affrontate sempre perché le cose cambiano e gli aiuti da lassù ci sono e ci saranno sempre, a volte basta solo riconoscerli». Ora è felicemente sposato con Bianca, ha due figli e abita a Morciano di Romagna anche se si sente sempre di Falconara Marittima. Da professore di ginnastica affianca l’insegnamento, per ora da supplente, al ruolo di preparatore coordinativo nel settore giovanile della Junior Del Conca di Morciano, collaborando con Peppe Magi, approdato alla Maceratese. Una vita da sportivo come tante, ripartita da quell’incontro, in una camera di ospedale, con un vecchio compagno, fattosi frate.

(Fonte: Il Resto del Carlino - Amedeo Pisciolini)

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  Scritto da La Redazione il 15/12/2014
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