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Calcio di base: è necessaria una rivoluzione?

È passato un po' di tempo ormai da quando la notizia dell'Italia fuori dai mondiali ha colpito tutti come un fulmine a ciel sereno.
Poco più di un anno prima infatti, Carlo Tavecchio, presidente della FIGC, nominava Giampiero Ventura come successore ufficiale di Antonio Conte e in quell'occasione, promise che avrebbero fatto la storia assieme. Nessuno poteva prevedere che tale promessa sarebbe stata mantenuta in negativo, dal momento che un evento simile non avveniva dal lontano 1958.
Sono diverse le ragioni che hanno portato la nazionale a questo grave fallimento; tra le tante, spicca sicuramente la mancata capacità di impiegare e sviluppare al meglio i talenti in squadra: memorabile è la scena in cui un assistente di Ventura incita De Rossi ad iniziare il riscaldamento e il centrocampista si oppone vistosamente alla richiesta, suggerendo l'entrata in campo di giocatori offensivi come Lorenzo Insigne.
Oltre a ciò, vi sono certamente anche cause a livello di sistema, in quanto sono anni che viene imputato all'Italia di non sviluppare e valorizzare il proprio settore giovanile. Questo perché nelle squadre principali si fa sempre più uso di giocatori stranieri a discapito delle giovani promesse italiane, le quali devono spesso accontentarsi di assistere alle partite dalla panchina, o nelle migliori ipotesi, di andare in prestito nelle squadre di categorie inferiori, rallentando così la propria crescita.
È proprio la crescita della base calcistica quella che sta alle radici dell'intero movimento: senza una nazione calcistica, nella quale ogni piccola comunità che ha la propria squadra di calcio, è impensabile poter competere ad alti livelli. Solo così infatti si possono sfruttare tutte le capacità che può offrire la base calcistica di un paese, cosa che in Italia sta trovando sempre meno riscontro viste le scarse opportunità per i giovani giocatori della Serie A.
Di certo il problema non riguarda solamente l'Italia ma si possono prendere come esempio anche altre nazioni come l'Inghilterra e l'Olanda. La prima, soprattutto negli ultimi decenni, ha sofferto molto di problemi riguardanti i settori giovanili: i grandi capitali che si muovono nella Premier League hanno portato sempre più spesso a prediligere giocatori stranieri ed affermati, a discapito dei giocatori inglesi. Questa tendenza si sta attenuando negli ultimi anni, da quando cioè l'Inghilterra sta scoprendo molti giovani talenti che sembrano esser destinati ad un futuro da campioni. Anche in Olanda si è avuta un'importante miglioramento delle scuole giovanili: negli ultimi anni sono emersi molti talenti in grado di giocare nelle squadre più importanti d'Europa.
Nonostante queste riforme, l'Inghilterra che si è qualificata ai mondiali è quotata solamente 20/1 su
siti di scommesse come 888sport e non è quindi favorita per la vittoria finale, mentre l'Olanda ha registrato un fallimento nella qualificazione ai mondiali.
Alla base di questi risultati, quindi, siamo sicuri che questi cambiamenti siano stati veramente utili?
Di certo l'Italia dovrà ripartire dai suoi giovani talenti, sia quelli già impegnati nel giro della Nazionale, che quelli provenienti dall'Under 21.
Servirà sicuramente una figura di rilievo come commissario tecnico, ad esempio Carlo Ancelotti, che sappia dare alla squadra una ben definita fisionomia, sfruttando al massimo i pregi dei propri giocatori. Inoltre serviranno degli interventi mirati a livello giovanile, per consentire sia una maggiore competitività di questi campionati (incorporandoli ad esempio nella Lega Pro), sia una maggior tutela dei giovani italiani, magari inserendo delle regole che costringano i club di Serie A ad investire sui talenti nostrani.

 

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  Scritto da La Redazione il 09/12/2017
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