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Edizione provinciale di Fermo


A tu per tu con Alessio Zancocchia: "ViolaSchool, la mia vita"

"Come società puntiamo ad essere un modello di lavoro tecnico e un importante supporto alla crescita, sportiva e umana dei ragazzi. Vogliamo che le famiglie siano soddisfatte e consapevoli dei progressi e degli sforzi che si compiono per i loro figli"

SANT'ELPIDIO A MARE. Cresciuto a pane a pallone, semplicità e dedizione, Alessio Zancocchia (foto) racconta dove è nata la sua passione per il calcio, il suo vissuto e le sue ambizioni.

Alessio Zancocchia, ci racconti come è nata la tua passione per il calcio?
“Non ricordo cosa abbia innescato il mio amore per il pallone: da che ho memoria, il calcio è sempre stato un compagno e una passione, prima da praticante, poi da istruttore, sempre da tifoso. Per noi adulti che lo amiamo, il calcio è un dato di fatto nella quotidianità, un “gigante” che prende i suoi spazi senza chiedere permesso e che sa colmarci di infinità generosità, gioia ed emozioni. Fin da piccolino seguivo mio padre ovunque accompagnasse i suoi giovani; un autentico punto di riferimento a livello giovanile dai lontani anni '84, una persona conosciuta in ambito regionale per la sua competenza e che mi ha insegnato tutto. Ci svegliavamo ogni domenica mattina alle 6.30 per accompagnare i suoi ragazzi a giocare, ogni volta un'avventura diversa. Ora sono io ad accompagnare i miei e non c'è soddisfazione più grande. Con il passare degli anni, attraverso le esperienze sui campi da calcio, ho acquisito sempre più convinzione, forza, umanità e consapevolezza, che sommate all'amore per questo sport mi hanno portato ad intraprendere questo importante percorso. Devo tutto ai ragazzini che ho incontrato nel mio cammino; con loro mi sono arricchito interiormente e il fatto che mi seguono tantissimo mi ha aiutato a tirar fuori tutte le mie qualità, ed io le loro. Alle loro famiglie e ai miei attuali dirigenti vanno i miei ringraziamenti; grazie ad essi ho la possibilità di crescere centinaia di giovani del mio paese, con la facoltà di contagiarli con la mia passione e di plasmarli con la mia lealtà e le mie idee. Le responsabilità non mi fanno paura, mi danno ancora più carica".

Cosa significa lavorare per un settore giovanile?
"Per chi, come me, lo abita seriamente e professionalmente, il calcio è una “missione” e un grandissimo impegno, che chiede ogni giorno di essere onorato e ricambiato per i grandi doni che sa darci. Socialità, educazione, lavoro, divertimento, integrazione, sviluppo, coesione, qualità; il mio obiettivo, insieme a quello di chi fa parte del nostro staff è quello di preservare tutto ciò e sostenere quanti vi si dedicano. Purtroppo è diventato facile per chiunque parlare e credere di sapere come si opera in un settore giovanile; l'unica cosa che posso dire è che i bambini di oggi hanno bisogno di esempi positivi da seguire, punti di riferimento su cui poggiarsi e soprattutto che vengano ascoltati. Puntiamo ad essere un modello di lavoro tecnico e un importante supporto alla crescita, sportiva e umana. Vogliamo che le famiglie siano soddisfatte e consapevoli dei progressi e degli sforzi che si compiono per i loro figli".

Cosa ti piace vedere nei ragazzi che alleni? Quale obiettivo vuoi raggiungere con loro?
“Educazione, in campo e fuori. Vorrei esaltare in loro la magia e le virtù, la passione e l'amicizia. A me piace andare al campo e raccontare del calcio, offrire al gioco il vestito migliore con cui presentarsi ai bambini, parlando al loro cuore fino a condurli, prendendoli per mano. Io credo di essere innamorato di quello che faccio, più che altro. C'è poco da aggiungere, preferibilmente preferisco far parlare i fatti, insegnando sul campo”.

Come nasce e da dove parte questa scuola calcio?
“Nasce dal fallimento di una fusione ambiziosa che doveva essere quella con Cascinare, dove i miei attuali dirigenti portarono 240 ragazzi che ora sono sparsi nei vari campionati di Seconda, Prima, Promozione ed Eccellenza (molti hanno anche scelto altre strade). Era diventato impossibile lavorare come si voleva e come si era sempre fatto. Dopo di lì si decise seriamente di ripartire da capo, con decisione si decise di coinvolgere nuovamente tutto il paese capoluogo e soprattutto chi come noi non era soddisfatto di come da altre parti si stava lavorando con i giovani. Chi non ci ha sostenuto e non ci ha seguito ha deciso di prendere un'altra strada, diversa dalla nostra. E deve essere consapevole di questo. Sento parlare spesso di divisione; divisione c'è se si hanno interessi e modi di agire diversi. Nei nostri ragazzini cresce la cultura del rispetto, e non si sentiranno mai divisi da nessuno e soprattutto con nessuno. Un paese come Sant'Elpidio a Mare, che ha già avuto una storia gloriosa, merita un presente di valore. Ed è quello che violaSchool sta creando: un presente con giovani di valore. E' un percorso che va sostenuto oppure ignorato. Ognuno è libero di pensarla come vuole...vogliamo solo lavorare per i ragazzi e per il paese".

Per un ragazzino, qual'è l'allenatore ideale?
“L'ideale sarebbe un istruttore, anche per gli adulti. Ma poi è la linea e la programmazione della società che deve fare la differenza...Io ho giocato a calcio fino a 25 anni e ho sempre avuto un ruolo importante nello spogliatoio per i più giovani. Ho avuto allenatori bravi e meno bravi, da tutti ho acquisito qualcosa. Ho sempre avuto un occhio di riguardo e sensibilità verso i più giovani, tantissimo rispetto per i più vecchi; riempivo borracce, gonfiavo palloni, lucidavo gli scarpini altrui e nonostante la mia carriera si sia conclusa abbastanza presto credo di avere fatto tesoro di ogni esperienza. Non mi sono mai sentito al di sopra degli altri, ma nemmeno inferiore. Io credo che un ex professionista, chi si reputa tale o solo chi ha giocato a calcio ad alti livelli non sia consapevole di cosa si possa trovare avendo a che fare con dei ragazzini; l'aspetto psicologico e sociale prevale sull'aspetto tecnico. A volte si crede di sapere ma in realtà bisogna aver saputo soffrire o vivere da portaborracce gregario per capire realmente certe situazioni. Lavorare con i giovani significa lavorare per gli altri, non per il proprio interesse. Per questo credo che i ragazzi abbiano bisogno più di istruttori che di allenatori.Ho il piacere di lavorare con uno staff importantissimo sotto il profilo umano, composto da persone semplici che mantengono basso profilo e che portano avanti la mia stessa corrente di pensiero. Cito in particolare Alessandro Nasini, che è stato il primo compagno in questa nuova avventura. In comune abbiamo sempre avuto soprattutto il nostro paese di appartenenza e la passione per il calcio giovanile. Quella portata avanti lavorando in modo trasparente, umile, professionale e concreto, senza vendere fumo ne illusioni". 

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  Scritto da La Redazione il 17/11/2016
 

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