Possanzini: "Non avevo dubbi sulle qualità di questo Tolentino"
A Civitanova è arrivata la terza vittoria consecutiva. Il ritorno del tecnico sulla panchina cremisi porta i suoi effetti: "In questa Eccellenza puoi vincere e perdere con chiunque. Qualcosa sul mercato faremo sicuramente"
La squadra del momento indubbiamente è il Tolentino che ha invertito la rotta con l’avvento o meglio il ritorno di Matteo Possanzini (foto) in panchina. Ultimi tre successi consecutivi con i blitz di Urbino e l’ultimo in casa della Civitanovese a far di nuovo brillare una classifica che andava risistemata, riconsegnando anche fiducia ad un ambiente che soffriva un avvio di campionato inaspettato. Ma, come nel suo stile, la voglia è quella di non fare proclami e puntare molto sul lavoro da campo, mostrando anche la grande voglia di rimettersi in gioco, dopo varie esperienze in settori giovanili professionistici (vedi Matelica e Perugia) e quella, durata poche settimane alla Sangiustese lo scorso anno. Per farlo ecco la voglia di ritrovare un “porto sicuro” come il Tolentino dove ha vissuto una stagione culminata con il terzo posto finale nell’Eccellenza 2015-2016.
Mister, per te tornare a Tolentino è stato un po' come tornare “a casa”.
«Sono tornato perché conoscevo l’ambiente ed ero convinto che si potesse lavorare come piace a me. Un ambiente sicuramente diverso da quello che avevo già vissuto, una squadra molto forte ma in difficoltà per mancanza di fiducia e autostima e abbiamo lavorato su quello. Le qualità tecniche sono evidenti e non avevo dubbi del percorso intrapreso fin dall’inizio».
Eppure anche il calendario non era dei migliori, con tante squadre di grande livello subito di fronte.
«Prima del derby con la Maceratese ci eravamo detti che avevamo bisogno di gare difficili per aumentare la fiducia, quando affronti squadre meno blasonate non riesci a trovare quella fiducia e quella convinzione che ci serviva. Conto la Maceratese abbiamo perso ma poi abbiamo vinto ad Urbino e domenica lo abbiamo fatto a Civitanova. Ma il vincere in trasferta deve essere una cosa che deve diventare qualcosa a cui puntiamo sempre, la consapevolezza parte da qui e su questo dobbiamo lavorare tanto. Un miglioramento a livello tecnico che dobbiamo fare, la squadra sta affrontando con coraggio il lavoro e contro la Civitanovese anche la gestione della palla è migliorata».
Il successo di Civitanova in questo senso ha dato segnali importanti.
«Sono contento perché il lavoro di una squadra e la sua bontà va valutato in base a quello che provi in settimana e riesci poi a riproporre in partita. In questo mese abbiamo lavorato su fase di possesso, gestione palla, occupare lo spazio in campo e tenere la palla come strumento difensivo. Un equilibrio con la palla che stiamo trovando, quando non l’abbiamo dobbiamo essere predisposti ad aggredire per riconquistarla e farlo in maniera compatta e convinta».
In molti hanno posto l’accento sulla solidità difensiva ritrovata del Tolentino. I numeri dicono chiaramente questo.
«Sono arrivato con 10 gol subiti in 6 gare e quindi dovevamo trovare una solidità ma soprattutto costruire una partita sull’equilibrio. Per farlo penso che bisogna essere ordinati, subire poche ripartenze e occupare bene il campo. Non mi dà fastidio che si parli dell’aspetto difensivo: se c’è fiducia, possiamo difendere in tante maniere differenti. Ma ripeto, dobbiamo lavorare molto in fase di costruzione. Poi ci sarà il momento in cui, per essere più pericolosi, potremmo prestare un po' il fianco ma ci sta e lo sappiamo bene. È un “rischio” che possiamo accettare. Finora abbiamo subito due reti, una su punizione e una su rigore».
Che tipo di approccio ha avuto il gruppo rispetto al tuo arrivo?
«Da parte di tutti, anche da chi se ne è andato e per non tutti a causa di motivi tecnici ma anche questioni personali e altro, ho avuto una disponibilità totale. Dispiace quando si cambia tanto, ancora qualcosina faremo sicuramente. Ma tutti coloro che ho avuto a disposizione hanno dato completa disponibilità e di tutti posso solo parlare bene».
Passiamo al campionato, a chi la definisce una Serie D “regionale” cosa rispondi?
«Anche lo scorso anno era molto equilibrato e chi lo ha vinto lo ha fatto con il minor punteggio per una prima in classifica. Quest’anno è equilibrato e puoi perdere punti con tutti. Questa è una fase in cui la classifica si sta accorciando e stanno recuperando terreno da dietro. La cosa che ho realmente notato è che tutte le squadre hanno elementi di grande valore. Ci sono tantissimi giocatori forti, noi stiamo accorciando il divario verso l’alto ma siamo tuttora molto vicini ai play-out nonostante stazioniamo a centro classifica».
In generale quale squadra ti ha colpita maggiormente?
«Tra viste e affrontate quella che mi ha colpito è l’Urbino. È il risultato di un percorso chiaro, un miglioramento graduale arrivato anno per anno. Abbiamo vinto su da loro ma è la squadra che ci ha fatto soffrire di più, al di là di quello che sarà l’esito finale sono convinto che se la giocherà alla grande fino alla fine. Il Montegranaro in testa stupisce chi non conosce il presidente Tosoni che ha grandissima passione e competenza: hanno costruito una rosa molto forte e profonda. Non mi stupisce quella situazione di classifica».
Hai lavorato molto a livello di settore giovanile, anche tra i Pro. Cosa pensi delle regole che obbligano a schierare under che poi spesso si “perdono” con il passare della stagioni , una volta diventati giocatori “over”?
«Bisogna fare un discorso molto più profondo. Le regole non devono determinare i comportamenti che invece devono derivare dalla cultura e dalle convinzioni che hai. Nei settori giovanili a tutti i livelli, al centro del sistema c’è l’adulto e non il ragazzo. Vincere le partite per conservare il posto per i dirigenti, per l’allenatore che deve poi rendere conto al direttore; in tutto questo ci si dimentica le esigenze dei ragazzi. Le regole sugli under non aiutano il giovane ma non aiuta neanche far ragionare bene alle società. Che faccio a fare il settore giovanile se poi ne giocano solo due e se magari non li posso neanche vincolare? Credo che sia un problema culturale di più ampio respiro».
Chiusura ad uno sguardo in Serie C, dove nel girone A tuo fratello Davide sta guardando tutti dall’alto con il Mantova. Un risultato forse sorprendente, considerando che si ripartiva dal ripescaggio estivo.
«Chi non conosceva la realtà magari può essere rimasto sorpreso. Ma in estate ho vissuto quell’ambiente e il clima di una società completamente nuova, arrivata dopo una retrocessione (ripescata dalla D, dopo il play-out perso con l’Albinoleffe, ndr) e ha avuto la fortuna di ricostruire da zero modellandola ad hoc sul suo modello di gioco. Una cosa che in Italia succede poco devo dire, sono state fatte le cose per bene. Da questo a fare risultati poi c’è un mondo. Quando ci sono riscontri cosi netti, vuol dire che si sta andando ben al di là di quanto sperato ma io sono di parte probabilmente (sorride, ndr). Sta di certo proponendo un modo di fare calcio diverso che in Serie C non è consono ed è un piacere vedere le partite. Ovviamente spero che duri a lungo».