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Dai giovani del Bologna alla Nazionale: la carriera di Roberto Mancini

Funambolico e spigoloso, estroso e a tratti scorbutico: chi avrebbe mai detto che da calciatore Roberto Mancini, oggi tra i massimi rappresentanti dell’Italia del pallone, fosse così diverso rispetto alla sua incarnazione da ct? Originario di Jesi, le avventure del “Mancio” sul rettangolo verde sono iniziate a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 a Bologna. È nel settore giovanile del club felsineo che Roberto è cresciuto, per poi esordire in Serie A nella stagione 1981/1982, nella quale si mise subito in mostra con ben 9 reti. La qualità di Mancini fu talmente evidente che la Sampdoria non si fece troppi problemi a pagare 4 miliardi di lire per portarlo subito a Genova, dove l’attaccante rimase per ben 15 anni.

Risale al 1984, invece, il debutto in Nazionale. Il primo vero torneo con la maglia azzurra fu però l’Europeo del 1988. Convocato per i Mondiali casalinghi del ’90, non scese mai in campo. Da allora, Mancini non ha più avuto un particolare feeling con la Nazionale, nonostante la copresenza con l’amico di una vita Gianluca Vialli, che costituiva con lui una coppia da goal perfetta alla Sampdoria. Nel ’97 Mancini cambiò aria e sposò la causa della Lazio per 3 stagioni, prima di chiudere la carriera in Inghilterra, accasandosi al Leicester solo per poche settimane. Nel suo futuro, infatti, c’era la panchina.

Da giocatore Mancini ha vinto 2 campioni, 6 Coppe Italia, 2 Supercoppe Italiane, 2 Coppe delle coppe e una Supercoppa UEFA, suddividendo in maniera quasi equa i trofei tra Sampdoria e Lazio. Appena divenuto tecnico, invece, si aggiudicò la Coppa Italia con la Fiorentina. Dopo 2 anni alla guida della Lazio, arrivò poi l’occasione dell’Inter, che si ritrovò avvantaggiata dalle vicende di Calciopoli. Mancini vinse 3 scudetti, ma fu poi sollevato dall’incarico a favore di Mourinho: scelta rivelatasi azzeccata perché i nerazzurri si imponessero anche in Europa.

Il mister si è fatto conoscere al mondo intero quando si è trasferito al Manchester City, vincendo un campionato e sviluppando un curioso rapporto con Mario Balotelli, talento del calcio italiano dal carattere non facile, che in pochi sono riusciti a domare. Lasciata la Premier, il mister ha provato l’esperienza in Turchia, al Galatasaray. Dal 2014 in avanti, proprio quando si era fatto il suo nome tra i possibili successori di Prandelli in Nazionale, Mancini ha allenato il Galatasaray, è tornato all’Inter e si è trasferito allo Zenit San Pietroburgo. In Russia, però, non è arrivato nessun trofeo.

Quando l’Italia ha fallito la qualificazione al Mondiale, si è dovuta attendere la fine dell’interregno di Di Biagio per eleggere ufficialmente Mancini come nuovo ct. Il mister ha incontrato qualche difficoltà nella prima edizione della Nations League, ma poi ha trovato la quadra lanciando l’Italia verso Euro 2020 ottenendo solo vittorie nelle qualificazioni. Persino la condotta dell’uomo sembra accontentare tutti, oggi: nessuna polemica, nessuna invettiva a distanza. A risultare apprezzate in questi ultimi anni sono state anche le convocazioni: Mancini ha aperto veramente le porte a tutti, concedendo l’ennesima chance a Balotelli o premiando i giocatori più in là con l’età come Quagliarella o Caputo. Ormai la Nazionale di Mancini è divenuta talmente solida e temibile che anche le quote maggiorate per le scommesse le sorridono. Gli azzurri hanno vinto finora tutte le prime gare di qualificazione ai Mondiali e sono in semifinale di Nations League. I pronostici sul futuro dell’Italia non erano così rosei da tempo. Tutto merito di Mancini.

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  Scritto da La Redazione il 07/07/2021
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